Dove stavano andando? Cosa facevano tutti quanti? Qual era il senso del correre, di quell’affannarsi? Sempre le stesse domande.
E da ogni parte, lo stesso ritornello: il tempo che mancava, la giornata che avrebbe dovuto essere di trentasei ore e analoghe argomentazioni che non spiegavano nulla.
Prive di ragionevolezza, perché una giornata che durasse anche quarantott’ore avrebbe finito con l’essere identica nello svolgimento a quella a suo tempo creata da chi di giorni della settimana se ne intendeva.
Dunque, invariabilmente, frenetica e fitta di impegni, di sogni, di speranze e fantasie.