PREFAZIONE di Teller
Da ragazzo, Eric Mead ambiva a diventare un prestigiatore che avrebbe girato il mondo tenendo lezioni per i colleghi. Ma, a diciannove anni, dopo un solo giro di conferenze, scoprì che preferiva di gran lunga esibirsi piuttosto che insegnare. Non voglio dire che Eric sia uno snob o un eremita. Tutt’altro. Adora condividere e collaborare con quei prestigiatori che prendono seriamente ciò che fanno. Ma non è questo lo scopo della sua vita.
Sono contento che Eric abbia fatto questa scelta. Frequentare il “ghetto dei maghi” è un trastullo piacevole, ma incestuoso.
Io stesso amo partecipare ai convegni magici e crogiolarmi tra i gadget delle case magiche, e sono affascinato dall’entusiasmo dei cartomaghi che passano la notte al tavolino di un caffè sognando di dominare il mondo grazie a una sottigliezza nell’eseguire il miscuglio Zarrow.
Tuttavia, non sono sicuro che partecipare a questa specie di “collettivo magico” giovi davvero all’idea che il pubblico ha della nostra arte. Spesso, sento gli spettatori lamentarsi che «i prestigiatori sono tutti uguali». È comprensibile. Negli spettacoli dei convegni magici, il quarto mago che si esibisce sarà, quasi certamente, poco originale, anche se la sua tecnica è innovativa o se racconta di tre fantasmi che infestano una casa dopo l’altra. La gioia del condividere ha i suoi aspetti negativi.
Un ulteriore motivo per il quale sono contento che Eric abbia aspettato vent’anni a scrivere il suo primo libro importante è che ha speso questo tempo a imparare come il pubblico vede le cose, un risultato che chi bazzica il “ghetto magico” non raggiungerà mai. A quarant’anni, Eric ha passato più tempo sul palco di quanto non ne passi la maggior parte dei maghi in tutta una vita. Per quattordici anni, quattro sere a settimana, sei ore a sera, Eric si è esibito al Tower Bar di Aspen. Nella sua carriera di mago ha lavorato in strada, sulle navi da crociera, nei ricevimenti e oggi spesso si esibisce come intrattenitore e presentatore in importanti convegni aziendali. Quando lavora per eventi privati (una grossa fetta del suo lavoro), i suoi clienti sono celebrità come Jeff Bezos (il fondatore di Amazon.com), Michael Eisner (ex capo della Disney), Michael Douglas, Catherine Zeta-Jones, Kevin Kostner e Jack Nicholson. E, nel film The Aristocrats, Eric è l’unico interprete che esegue un gioco di magia con le carte.
Com’è che Eric riesce a ottenere ingaggi così esclusivi? Forse perché fa la doppia presa meglio dell’esperto di cartomagia del club magico che frequentate? Beh, sì, la sua tecnica è migliore. Ma il motivo per il quale persone intelligenti e di classe vogliono Eric è che anche lui ha intelligenza e classe. È colto, garbato e brillante, con quel tanto che basta di malizia, franchezza e simpatica volgarità, quasi un Jay Marshall dell’era elettronica. Non è un caso che Eric sia così poliedrico. Legge tre o quattro libri al mese. Ha studiato arte, musica, scienza, scacchi e ballo da sala. Viaggia. Ha senso dell’umorismo. È aggiornato su ciò che succede, nella cronaca e nello sport. In una parola, è “uno di mondo”, il genere di persona che i suoi clienti sarebbero ben felici di avere come ospite anche se non sapesse fare il miscuglio Zarrow.
In questo libro, Eric deplora il fatto che così tanti maghi siano insipidi, nel tentativo (pensate!) di risultare “inoffensivi”, cioè di piacere sempre e comunque al pubblico. Eric apprezza che chi si esibisce abbia un proprio punto di vista. Ovviamente, è proprio ciò che vorrebbe anche il pubblico quando dice che i prestigiatori «si somigliano tutti». L’arte non richiede attrezzi costosi o tecniche vistose, ma non può prescindere dall’avere un punto di vista, dalla sensibilità personale, dal provare amore, odio o desiderio. Edgar Allan Poe, nelle sue Marginalia, scrive che ciò che un uomo dovrebbe fare per rivoluzionare, in un sol colpo, tutto il pensiero umano... è scrivere e pubblicare un libro molto piccolo. Dovrebbe avere un titolo essenziale, poche semplici parole: “Vi apro il mio cuore”. E il suo contenuto dovrebbe essere all’altezza del titolo.
Il che ci riporta a questo libro. Eric scrive quasi sempre in prima persona, vi dice cosa pensa, ama, odia e desidera. Si legge come un romanzo, in cui Eric vi apre il suo cuore, cosicché possiate apprezzarne l’anatomia, con tanto di cavità e valvole. Non mi riferisco alla sua vita familiare o ai suoi vizi segreti. Questo libro rivela i mezzi (come le sottigliezze con il mazzo memorizzato e l’orribile vendetta de “Il coniglietto e la banconota”) con i quali Eric seduce la sua Musa e si guadagna da vivere.
Non c’è nemmeno l’ombra di una scemenza in queste pagine. Se mi somigliate, dalla loro lettura uscirete cambiati, ispirati ed eccitati. Tutto ciò che potete aspettarvi dall’esibizione di un grande artista.