dalla Prefazione:
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I pensieri, le suggestioni, gli stati d’animo che occupano lo spazio delle poesie prendono campo nelle immagini fotografiche e queste si arricchiscono e si completano nella contiguità con la voce che le narra, inserendosi in un circuito semantico di echi e di rimandi reciproci.
Nel loro insieme le composizioni sono sorrette da un intendimento: cogliere e rappresentare la realtà così come l’occhio dell’autore e la sua sensibilità si trovano a percepirla volta per volta, a partire dall’impulso di un paesaggio naturale o urbano, da un momento di vita quotidiana o dalla riflessione sulle cose e sui sentimenti. Il mondo, se considerato realisticamente come ciò che può essere comunemente percepito, sembra non essere sufficiente di per sé.
Nell’elaborazione che l’esperienza soggettiva qui ci palesa, non c’è comunque volontà di snaturamento, semmai un desiderio di potenziamento del senso nella direzione del metafisico e verso una visione cosmica dell’esistenza. I termini del rapporto si intrecciano in un luogo dove le alterità del vivente si connotano nel legame fortemente coeso che tiene il molteplice correlato con il tutto, terreno e ultraterreno. L’aderenza alle sensazioni e alle emozioni è riprodotta attraverso i due mezzi espressivi chiamati in causa, badando a non concedere troppo al descrittivo e al didascalico.
L’immagine ha la funzione di catturare l’attenzione e di imprimere una suggestione che accompagna la lettura del testo. Il testo arricchisce ulteriormente l’immagine e così via in un moto di rimandi speculari. La luce è un elemento che fa scaturire dalla memoria inconscia la percezione di aspetti invisibili dell’esistente che emergono come intuizioni, visioni, atmosfere oniriche o come segni di quei legami profondi che tracciano i percorsi, in gran parte misteriosi, fra micro e macrocosmo.
Nelle pagine si avverte una sorta di richiamo a una riconsiderazione del significato che può assumere per l’individuo l’arte, e la poesia in particolare, all’inizio di un nuovo secolo.
La tentazione che Ridolfi asseconda soprattutto nella prima parte del libro è quella che ha condizionato gran parte della nostra letteratura novecentesca: cedere al fascino di un intimismo doloroso a cui si può opporre solo l’atteggiamento nichilista. La riduzione o addirittura l’azzeramento della possibilità di un pensiero positivo può indurre il rischio di una autogenerazione del nulla che spinto al limite estremo riproduce se stesso:
“E da là scorgere solo / l’orrendo vuoto celato / da mere illusioni,/ da stupidi sogni che diradandosi / svelano l’oscura essenza del nulla.”
Unica difesa la speranza che apre un varco nell’area semantica dell’alienazione; speranza che è inizialmente legata alla nostalgia, al sogno o al vagheggiamento della luce degli spazi siderali:
“Rare file di fotoni / s’intrecciano danzando / in nodi di luce migranti / a formare legami indissolubili/ che il tempo, da solo,/ mai potrà districare.”
Dalle poesie “Preghiera”, “Cambiamento”, “Risveglio”, “Lampo di Luce”, “Vita” in poi, si afferma sempre più il riconoscimento del concorso di tutte le forze naturali alla composizione del reale, dai corpi celesti agli atomi e ai fotoni interagenti fra loro nella pienezza dell’universo:
“È come toccare un cuore che batte,/ liscio e umido, poterlo baciare / e sentire nel suo battito / il sapore antico della Terra / impresso nell’anima.”
Progressivamente la poesia si apre alla capacità di umanizzare e riattualizzare la fiducia che scaturisce dalla forza generatrice e magmatica della terra: “ritrovo / la segreta essenza del vivere, / come in un tempo nuovo/ che arriva sempre / e che non sfugge mai.”
Il riconoscimento dell’io nel proprio simile conduce l’autore ad una sempre maggiore consapevolezza della necessità dell’impegno. L’arte deve rispondere a esigenze concrete, che possano incidere sul percorso esistenziale di ognuno, chiamando in causa anche gli aspetti oscuri del nostro tempo. È un’epoca che ha prodotto stragi, come testimoniano le vittime dell’11 settembre, un’epoca che ha tolto l’innocenza, che spinge alla solitudine, all’omissione, all’abbandono, che soprattutto sperpera risorse preziose, indifferente ai bisogni primari dei più, che mette il cuore in catene e crea false illusioni. L’opera di Ridolfi si fa denuncia e richiesta di un riscatto che parte direttamente dalla coscienza personale. In questo senso l’arte assorbe e restituisce il volto vitale all’esistenza. L’uso della tecnologia mediatica e digitale, in quanto prolungamento della mente e dei suoi mezzi, è adottato da Ridolfi in modo poco invasivo tanto da permettergli di elaborare le fotografie conservando un vero sentire e un approccio che include l’eventualità espressiva del senso poetico. In questo scenario, l’autore ridiventa attore della propria vicenda e partecipa a un sentimento di condivisione che lo vede protagonista di un mondo restituito alla vita. [Lisa Rizzoli]>>