Il profumo dell'ombra

ROMANZO

Nuovo prodotto

ISBN 9788895631868

€ 12,00

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L’ombra, per essere, esige solo un sottile bagliore. Ha un carattere ritroso, ma inventa singolari strade con la complicità di lanterne, candele e fiaccole; al sole l’ombra si schiaccia nera in terra, ma da minimi pertugi eccola nascere in sfumati duplicati sovrapposti.
Cela i sogni, i segreti, le attese, le novelle adornate di seduzione; infiocchetta ali tenebrose e vola scortando la certezza che ti apre alla luce.
È necessaria la sosta per fermare in quell’ombra una scheggia di me?
Credo di sì.
Ho guardato con attenzione ai suoi toni, a quel che copre e a ciò che dice tacendosi. Ho cercato la luce e ho vissuto il suo buon odore insieme al profumo dell’ombra.

Laura aveva occhi azzurri striati di verde: con l’età, apparivano slavati sulla pelle chiara e grinzosa, ma aveva ancora una luce giovane, la stessa che da sempre l’aveva guidata. Costretta a letto, aspettava che i giorni consumassero il suo “tempoperpensare”; ché non avrebbe saputo come diversamente impiegarlo questo benedetto tempo, visto che le gambe non la reggevano più.
E questo le restava.

Pagine96
Formato12x21 cm
Confezionebrossura
Anno2015
  • Fiorella Macchioni

    Fiorella Macchioni vive i suoi primi anni ad Omegna, sul lago d’Orta, e attualmente abita a Scandicci (Firenze).

    A Firenze ha conseguito il diploma di maestra d’Arte Ceramica all’Istituto d’Arte di Porta Romana e il diploma all’Accademia di Belle Arti. È inoltre diplomata in Iconografia Sacra che oggi insegna.

    Dal 1968 partecipa a mostre in Italia e all’estero. Le sue opere pittoriche fanno parte di collezioni private in Italia, Francia, Austria, New Mexico.

    Ha pubblicato Il Volto e l’Anima (Firenze, 2006), volume che raccoglie poesie e immagini delle sue icone e la raccolta I miei cinque anelli (Firenze, 2009). Suoi scritti sono apparsi anche su riviste e antologie, fra cui Il Mulinello, Segni d’arte, Città di Vita, Il Governo delle cose.

    Tra i riconoscimenti ricordiamo i premi “Città di Rufina”, “Il Portone” di Pisa, “Alberoandronico” di Roma.

    Vedi tutti i libri di Fiorella Macchioni

Presentazione del libro alla libreria “Centrolibro”, Scandicci, con Annalisa Macchia e Mario Sodi

Fiorella Macchioni mentre firma le copie

Istantanea del Premio ricevuto dal libro

Fiorella Macchioni durante la consegna del Premio

Presentazione del libro al Gruppo Donatello, Firenze

Presentazione del libro a Firenze, San Marco presso Sala dei Chiostrini

dalla Recensione:

«Il profumo dell’ombra… un titolo suggestivo, particolare, come particolari sono le pagine che seguono e che, in maniera miracolosamente sintetica, riescono a coinvolgere contemporaneamente più di una sfera di sensi.

Leggere attentamente la Nota dell’Autrice che lo precede ed è riportata anche in quarta di copertina, ci aiuterà ad entrare meglio nel mondo evocato da questo libro:

“L’ombra, per essere, esige solo un sottile bagliore, godendo dei suoi fumosi toni. Ha un carattere ritroso, ma inventa singolari strade con la complicità di lanterne, candele e fiaccole; al sole l’ombra si schiaccia nera in terra, a da minimi pertugi eccola nascere in sfumati duplicati sovrapposti.

Cela i sogni, i segreti, , le attese, le novelle adornate di seduzione; infiocchetta ali tenebrose e vola scortando la certezza che ti apre alla luce.

È necessaria la sosta per fermare in quell’ombra una scheggia di me? Credo di sì.

Ho guardato con attenzione ai suoi toni, a quel che copre e a ciò che dice tacendosi. Ho cercato la luce e ho vissuto il suo buon odore insieme al profumo dell’ombra.”

Alcune nitide grafiche in bianco e nero, sempre opera di Fiorella, sono sapientemente riprodotte sulla pagina a fianco. Il contrasto tra nero e bianco, tra ramificazioni e foglie che spiccano nitide contro lo sfondo chiaro del foglio, richiama violentemente il contenuto delle parole appena lette, così strettamente legate al mondo del colore, della luce, della pittura. Si parla di ombra e l’ombra è tale perché contrasta con la luce; la sua immagine evoca miriadi di sfumature possibili, sconfinanti in giochi di grigio ma anche di colore. E questo colore è concreto, se ne può annusare, quasi assaporare perfino l’odore.

Conoscevo Fiorella come dotata autrice di sacre icone, disegni, grafiche, acquerelli, pitture e oggetti in ceramica (almeno suppongo dopo la lettura, riconoscendo nel suo scritto una buona dose di autobiografia, seppur fantasiosa); insomma un percorso artistico teso a “plasmare” le opere, affidandole a materiali di con(creta) natura, ma sfociato ben presto anche nella parola poetica, talvolta inscindibilmente legata all’opera. Basti pensare al bellissimo libro, con la riproduzione delle sue sacre icone accompagnate da ugualmente suoi versi, “Il volto e l’anima”.

Mi ha dunque incuriosito questa nuova escursione, sempre nel mondo della parola, ma di una parola un po’ diversa, quella più distesa della prosa, della narrativa, anche se fin da subito è evidente nell’opera di Fiorella una commistione di generi, di arti: pittura, poesia, prosa… del resto tutte le arti sono sorelle, un concetto che oggi non stupisce più nessuno, o quasi.

Tuttavia viene spontaneo, osservando e leggendo il libro, ripensare all’antica, oraziana locuzione latina “ut pictura poësis”, “come nella pittura così nella poesia”.

Il rapporto tra poesia e pittura in particolare, è sempre stato un problema dibattuto sin dall’antichità. Orazio non poteva immaginare, con queste sue parole, di aver dato vita ad un dibattito ancora aperto a distanza di venti secoli: un’inesauribile indagine sulla relazione tra poesia e arti visive e, più recentemente, tra linguaggio verbale e linguaggio mediatico.

Forse Orazio voleva semplicemente significare che un buon poeta può dare concretezza all’astrattezza della parola esattamente come un buon pittore può esprimere il concetto della realtà con i suoi pennelli, o penne, o matite. Aveva comunque gettato un ponte tra scrittura e pittura, quando i generi, e lo sono stati ancora per molto, erano ritenuti ben contraddistinti.

In tempi più recenti, diciamo orientativamente dall’epoca avanguardista in poi, i codici della comunicazione hanno iniziato a fondersi e a confondersi, dando origine a reazioni e commistioni tra le più varie dal punto di vista letterario e artistico. Così abbiamo assistito a un progressivo allontanamento da metrica e lirica e la poesia è scivolata sempre più su un terreno dal dettato prosastico. Uno sconfinamento di generi che oggi appare naturale dal momento che l’uso della prosa da parte di poeti ha ormai alle nostre spalle una ben nutrita tradizione. Eppure la prosa di un’artista-poeta si fa notare subito; ha qualcosa di diverso, una nota più singolare e preziosa.

Qualcosa di simile ha questo libro.

Già dopo avere letto le prime pagine de Il profumo dell’ombra, appare chiaro che ciò che viene messo in opera non vuole essere semplicemente una narrazione, ma vuole intrattenere con la narrazione un rapporto di tipo “poetico”, sulla spinta del desiderio di non rimanere costretti in schemi e modalità di scritture già assodate, ma di superarli affrontando soluzioni stilistiche più ardite, cercando altri ritmi. Inseguendo una scrittura che in qualche modo conservi le “leggi” liberatorie della poesia: dimensioni cronologiche sovvertite, illogici salti temporali, affondi ed emersioni tra realtà e sogno, alternarsi di logicità e irrazionalità.

Si dice che la poesia sia tale perché si sviluppa sulla pagina verticalmente, infatti verso deriva dal latino vertere, volgere, tornare indietro, dunque andare a capo, mentre la prosa si sviluppa orizzontalmente, sempre dal latino prorsus, diritto, di seguito. La poesia, concentrazione di senso e di immagini, ci cattura quasi ipnoticamente, la prosa tende invece a condurci per mano in vicende più o meno intricate. Insomma due “canali diversi”, come diceva Montale, però capaci di coabitare nella stessa persona, e anche nella stessa opera.

Nel libro di Fiorella questi due canali si intersecano e si accavallano continuamente, tanto da far risultare difficile la distinzione di un plot, di una trama, sempre sfuggente e sfumata.

Proprio a causa di questa continua difficile reperibilità, ma non assenza, di una storia lineare, per il contenuto sempre sospeso tra il fantastico e il realistico, per il ruotare, attorno a un evento principale, di pochi personaggi e tuttavia presenti nel libro con una certa estensione nel loro continuo riapparire sotto modificate forme, si ha difficoltà anche a collocare questo scritto. “Racconto lungo” o “romanzo breve”? Il problema fortunatamente non sussiste. Cambierebbe forse qualcosa? Non credo…

Evito di proposito di riferire, anche a grandi linee, in cosa consista il contenuto di questo romanzo breve o racconto lungo – fate voi! - perché il lettore possa mantenere intatta la curiosità nel procedere della lettura. Però posso consigliargli di abbandonarsi allo svolgersi degli eventi, senza puntigliosamente voler ricercare il filo logico e spietato della realtà, non sempre la più adatta a svelare quanto le verità più profonde.

Leggendolo si entra in una dimensione che definirei “surreale”. Surreale, cioè “ che pure esistendo evoca immagini fuori della realtà, al punto da rivelare gli aspetti più intimi dell’animo umano”.

La protagonista, donna anziana, ma in cui ancora si agita la passata giovinezza, si abbandona a uno strano dormiveglia, qualcosa che assomiglia molto al sogno. Immagini, percezioni, emozioni iniziano a svolgersi in maniera irreale ed illogica. Svincolate dalla realtà degli eventi, danno vita e mostrano situazioni impossibili a verificarsi e tuttavia con evidenti appigli al quotidiano reale, concreto mondo.

Visto che parliamo di sogno, scomodiamo il grande Freud, che di sogni se ne intende più di noi, secondo cui il sogno è “la via regia verso la scoperta dell’inconscio”.

Quando dormiamo e sogniamo, infatti, si allenta e viene meno il controllo della coscienza sul pensiero, così nascono immagini- simbolo, arrivano messaggi dall’inconscio generati da desideri, pulsioni, disagi, difficilmente esprimibili a parole, in un linguaggio logico.

Ritornando a considerare il significato del termine “surreale”, non sarà male ricordare che è proprio da queste freudiane considerazioni che nacque il movimento del Surrealismo agli inizi del Novecento. André Bréton, il teorico del gruppo, sosteneva che bisognava trovare il modo di giungere ad una realtà superiore in cui sia possibile conciliare i due momenti fondamentali del pensiero: quello della veglia e quello del sonno. Così lo definiva:

“Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”.

Il movimento che, oltre Bréton, coinvolse grandi poeti come Aragon, Apollinaire, Baudelaire, Rimbaud, e una schiera di egregi pittori - solo per fare un nome, Picasso - procedeva per libere associazioni di idee, generando sensazioni inedite ed assurde nell’accostare cose e spazi estranei, o apparentemente tali, tra di loro.

In questa dimensione il senso inevitabilmente cambia di posto. Resta però una nuova bellezza e, spesso, affiorano verità nascoste.

Sconfinando dalla Francia, molti sono gli scrittori che, se anche non precisamente definibili come surrealisti, hanno però scompaginato le regole della logica nella loro scrittura dando origine a veri capolavori. Pensiamo alle opere di Kafka, Poe, Borges, Buzzati e anche a certi racconti di Calvino. Ma potremmo nominarne tantissimi altri. Ciascuno di loro ci ha fatto percepire un altro ordine di realtà cancellando, per il tempo della lettura, quanto siamo abituati a vedere in base al senso comune.

Anche il lungo sogno-veglia del personaggio principale del libro ha queste caratteristiche. Simboliche retrospettive visioni della vita passata, riscaldata dal dolce sentimento di amore per il suo compagno da poco approdato all’Oltre ma non per questo perduto, si liberano nel suo essere secondo incomprensibili schemi per una mente umana, maturando però lentamente una verità più alta, serenamente disvelando la meta a cui si è diretti.

Fiorella mi perdonerà se questa lettura apparirà incompleta, lacunosa, forse distorta, ma entrare nei sogni altrui è un’avventura non da poco… perciò le sarò grata se vorrà completarla e “raddrizzarla” con le sue parole e farci un po’ partecipi di tutte quelle emozioni, di quei segreti sommovimenti interiori, non sempre facili da cogliere da parte del lettore, che sempre precedono e impongono la scrittura di un libro. [Annalisa Macchia]»

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