Brani tratti da Conferenza di Marino Biondi (Univ. di Firenze,) su Delfino Cinelli 1889-1942 Da industriale della paglia a scrittore di talento, di Sara Renda - Sesto Fiorentino, sala Pilade Biondi, 31 maggio 2018.
"Delfino Cinelli conosceva la psicologia, era sufficientemente attrezzato culturalmente per conoscere i primi rudimenti della psicoanalisi, sua moglie tra l’altro era decisamente molto colta e a quanto ne so aveva interessi in questa direzione, e quindi i suoi personaggi sono al tempo stesso personaggi che rappresentano l’archetipo primitivo delle nostre campagne, delle campagne toscane, ma dentro di loro si è come insinuato un seme, che è quello della follia o del male di essere, del male di esistere, in alcuni di loro una vera e propria maledizione."
"Chi legge il capolavoro riportato integralmente nel libro, dunque chi legge questo libro è portato anche a leggere il romanzo breve o racconto lungo più importante di Cinelli, considerato un piccolo capolavoro, un cammeo della letteratura italiana degli anni Trenta, che porta questo titolo, La Trappola. Il racconto è ambientato nella terra che fu la terra di vita di Cinelli, dopo che ebbe lasciato la famiglia, costruì la sua reggia in un reame di cui era il sovrano e lo scrittore, il re e lo scriba."
"Nel caso di Delfino c’è una conoscenza ampia, una prospettiva larga, generosa sulle classi sociali. La classe sociale che gli è più nel cuore come autore è il mondo contadino, ma poi nel corso del tempo, anche i suoi viaggi americani, di cui il libro testimonia molto bene anche con alcuni documenti, l’esperienza per esempio delle sue lunghe soste a New York, intanto creano un effetto molto speciale: Delfino vive una parte della sua vita nel suo feudo toscano della provincia di Siena, che ha caratteristiche di un mondo arcaico, di un mondo veramente primitivo, che sembra distante migliaia di anni, più che una distanza temporale e geografica, e più che una distanza geografica, c’è una distanza temporale.
E poi il suo ceto di appartenenza gli consente il privilegio, giustamente bene sfruttato, di prendere un piroscafo, non l’aereo ancora, da Genova o da Napoli, e trovarsi dopo sette giorni in un mondo che gli italiani hanno cominciato a scoprire soltanto negli ultimi anni, la cosiddetta Grande Mela, la capitale del mondo occidentale. Questo crea nella fantasia di Delfino Cinelli una specie di shock: il mondo contadino non lo soddisfa più e la lettera che scrive alla moglie americana di famiglia danese, una famiglia proprietaria di un’azienda farmaceutica negli Stati Uniti, quindi anch’essa esponente di un’alta borghesia imprenditoriale, questa lettera che scrive nel 1935 è una scoperta della dott.ssa Renda, che viene pubblicata nel libro, un documento estremamente importante e significativo, e anche intimo sotto certi aspetti, quando Delfino scrive alla moglie da New York dicendo che ha sentito ormai allontanarsi il mondo di un tempo, il mondo di una volta."