Postfazione di Paolo Dal Poggetto: «[...] Al di là di una vertigine di ricordi lontanissimi e del quasi infinito tempo trascorso – che mi fa considerare la pubblicazione di queste liriche quasi come un'opera postuma – riesco a cogliere ancora completamente l'essenza di questi versi: il travaglio e il rodìo del dubbio di essere amato; l'onnipotenza e onnipresenza di tanti sogni e il loro assurgere a esseri vivi; il quasi bizantino giocare con le parole, soprattutto con quelle di lei. Ma soprattutto l'alternarsi inquietante di certezze e di disperazioni di cui era realmente sostanziato quello che fu (e mi pare oggi incredibile: nei mesi in cui avvennero i fatti avevo appena ventuno anni!) il mio primo grande amore.
Resta però ancora, e non è per me facile a sciogliersi, un'altra e diversa incertezza: se sia utile – o anche soltanto giusto – riesumare oggi poesie e sentimenti così disperatamente lontani. Anche perché alcuni di quei sentimenti e di quei riti (a cominciare dall’idea stessa del fidanzamento, che vibra in tutto il poemetto) sono oggi assolutamente obsoleti. Tanto che l’avere deciso di pubblicare queste poesie, che un tempo chiamavo “le mie coselline”, può addirittura essere considerato una sfida. Ma non lo è: è, semmai, una sfida ai miei ricordi. [...]»