Catalogo della mostra sulla pittura sacra di Francesco Inverni che si è tenuta presso le Scuderie Medicee di Poggio a Caiano (Firenze) dal 10 dicembre 2022 al 19 febbraio 2023. L’introduzione al volume è di Giulia Ballerini, direttrice del Museo “Ardengo Soffici”.
Francesco Inverni nasce da Pietro e da Jolanda Piccini il 9 dicembre 1935 a Poggio a Caiano; la sua è un’antica famiglia poggese che possiede una rinomata fabbrica di cappelli, fondata nel 1892. Con innate doti artigianali ed artistiche, nel 1953 mostra, diciottenne, alcuni suoi dipinti ad Ardengo Soffici, che lo incoraggia nel proseguire. Dopo aver studiato all’Accademia fiorentina dal 1955 ed essersi diplomato nel 1959, egli dipinge prevalentemente paesaggi di Poggio a Caiano e nature morte, influenzato dalla pittura ottocentesca e da Soffici e Rosai, ma vicino anche ad esiti di suoi contemporanei come Enzo Faraoni (1920-2017).
Nel 1963 tiene una mostra a Santiago del Cile, capitale allora di una fragile e conflittuale democrazia, provata ancora dal terremoto del 1960, trattenendovisi per otto mesi; là sposa la cilena Midia Manetti, da lui precedentemente conosciuta in Italia e i cui genitori sono di origini poggesi. Dopo aver tenuto mostre in Toscana e in Francia, sviluppando sempre temi legati al mondo rurale, nel 1972 ottiene la cattedra di Ornato e Figura al Liceo Artistico di Firenze. Nel 1978-1980 avviene nella sua arte la svolta decisiva che lo conduce ad interessarsi dell’affresco e del supporto dell’intonaco e, spinto da Tommaso Paloscia, a tenere una mostra a Prato nel 1981.
Di profonda fede religiosa, uomo schivo e solitario, seppure nel contempo di natura aperta, cordiale e pronta alla battuta, si ritrova perfettamente nei suoi “silenti” “muri”, umili semi del “sacro” universo rurale e contadino oramai al tramonto, del quale è testimone. Diviene così il pittore del silenzio, della solitudine, della malinconia, degli stati d’animo spesso indefiniti. Al contrario di altri artisti del suo tempo, egli non è un pittore “politicamente” concettuale, le sue opere non vogliono apertamente insegnare, ma sono espressione dell’animo e di un’interiorità inafferrabile ed impalpabile come la luce che egli ama e inserisce nei suoi quadri “veristi”.
Come Casorati e come Hopper, sebbene in forme assai diverse, Francesco Inverni è il pittore del silenzio, di un silenzio pieno di fede, fedeltà e fiducia nella Parola divina. La preghiera più bella – pare voglia dirci – è dipingere il silenzio che ascolta. Man mano la sua arte si fa sempre più astratta, sensibile a Burri, a Rotella, all’assemblage dell’Arte Povera e del Nouveau Réalisme, sperimentando dal 1988-1989 materiali di rifiuto. Nonostante sia colpito da una grave malattia, egli continua a dipingere con rinnovato e caparbio entusiasmo, tenendo mostre di nuovo in Cile.
Per un rapido peggioramento della salute, muore nella sua casa a Poggio a Caiano il 12 febbraio 1991, a poco più di 55 anni.
[Testo di Giampaolo Trotta]