Panarea, l’isola più piccola dell’arcipelago eoliano e forse la più affascinante per varietà di paesaggio, subì alla fine della seconda guerra mondiale una massiccia emigrazione della sua popolazione verso terre d’oltremare. La crisi economica che generò questo esodo ruppe un fragile equilibrio che, pur nella scarsità delle risorse, aveva scandito la vita nella comunità per secoli: vita fatta di agricoltura, pesca e piccoli commerci.
Gli appezzamenti agricoli strappati con fatica alla montagna e lo straordinario patrimonio di architettura rurale mediterranea furono condannati a un inesorabile degrado. Solo agli inizi degli anni sessanta l’isola fu riscoperta da un gruppo di artisti e turisti esigenti che la scelsero come luogo dove vivere a contatto con la natura incontaminata.
Paolo Jeannot Tilche, originario di Alessandria d’Egitto, faceva parte di quella avanguardia.
Sbarcò a Panarea alla fine degli anni cinquanta e vi rimase fino alla sua morte, avvenuta nel 1995. Mise a frutto il suo straordinario talento per l’architettura realizzando diverse opere che vengono documentate in questo libro. Fu protagonista del recupero dell’architettura eoliana a Panarea e della valorizzazione dei metodi costruttivi tradizionali.
Quest’opera vuole essere un omaggio alla vulnerabile bellezza dell’isola e un tributo doveroso alla vicenda storica di quegli isolani che hanno patito con l’emigrazione lo sradicamento dalla propria terra.